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ELEZIONI AMMINISTRATIVE
ATTENZIONE ALLA SINDROME DA NIDO DEL CUCULO

Qualcosa si muove...perfino in Toscana! Le ultime elezioni amministrative, che hanno interessato una buona percentuale del corpo elettorale, hanno dimostrato, meglio confermato, che il voto comincia a diventare “mobile”.

Si impongono alcune riflessioni e non quelle di un asettico osservatore, di mero taglio politologico.

Riflessioni motivate, dunque,ma di parte. Condotte da un punto di osservazione non neutro, alla ricerca di una stretegia politica non più dilazionabile,possibilmente depurata da eccessi emozionali di natura contingente.

La prima: il PD è in crisi. Una crisi non solo numerica, soprattutto, nell'ordine, di carattere motivazionale, identitario, strategico, progettuale e perfino...tattico.

Ripartiamo proprio da questo ultimo elemento, che solo apparentemente sembra “minore”. E' stato talmente convulso il turbillon cinetico di Renzi che, alla fine, le stesse mosse tattiche si sono rivelate una sequela di boomerang:prima la rottamazione nonostante il PD, poi la rottamazione con pezzi crescenti della nomenclatura riciclata del PD. A seguire l'idea ossessiva di modernizzazione istituzionale attraverso la creazione di un bipolarismo virtuoso con centralità dell'esecutivo, salvo scoprire che la creazione di fatto di un sistema elettorale bi-partitico avrebbe clamorosamente rimesso in gioco il “terzo schieramento perdente”, vero e proprio ago della bilancia del futuro assetto politico nazionale. Ed ancora: il sogno-minaccia del partito della nazione, che avrebbe disperso per sempre i residui di vetero-comunismo nella sinistra italiana, attraverso il salasso esponenziale dei voti del fu centro-destra ed il provvisorio utilizzo tattico delle truppe cammellate in fuga da Berlusconi. Sogno-minaccia che, al risveglio, si scontra con l'unica certezza di queste elezioni:il PD è capace di vincere in piazze rilevanti solo rispolverando le alleanze organiche con la sinistra estrema (vedi il caso di Milano).

Dinanzi a questo quadro confusionale è davvero impossibile che il PD renziano non paghi doveroso dazio. Ed è probabile che, a parte la possibile conflagrazione interna, l'esplosione definitiva del disegno renziano si verifichi in coincidenza con il referendum di Ottobre.

La seconda considerazione: il movimento pentastellato ha il vento in poppa, indubbiamente. Ma, vedendo e rivedendo, ascoltando e riascoltando, le entusiastiche parate dei vincitori e dei tanti che sono saliti sul loro carro,tornano in mente i versi del grande poeta Montale, che si diceva certo solo di “quello che non siamo, di quello che non vogliamo”. Il M5S è un po' questo, un pò troppo solo questo. Leggendo e rileggendo i pochi documenti (dis)organici del movimento si stenta a trovare il filo-rosso di un progetto, soprattutto in presenza di una crisi complessa come quella che traversa la politica locale, nazionale, europea ed internazionale. Soprattutto, ci sembra insufficiente pensare che la panacea di tutti i mali sia il metodo. Il ripristino di un metodo partecipato di base (Rousseau, duecento e più anni fa, lo chiamava di “democrazia diretta”), ammesso che sia veramente possibile realizzarlo integralmente, è condizione necessaria ma non sufficiente per rivoluzionare la politica dei nostri giorni. Consolidato l'ingrediente base dell'onestà, certo premessa fondamentale del recupero di credibilità del e nel sistema,occorrono due altri fattori imprescindibili:la professionalità e la progettualità. Come ci insegna la filosofia di S. Tommaso, ogni mezzo è in vista di un fine, non viceversa. Ed il fine non emerge o emerge con grande fatica dalle nebbie progettuali di Grillo e C.

La terza riflessione, commutata subito in domanda: è davvero possibile immaginare di cambiare radicalmente l'Italia, rivoltandola come un calzino, contando sulla partecipazione, al massimo, di un 50% degli italiani? Chi può veramente dire, tornando al lessico di Rousseau, di rappresentare la “volontà generale” se rimane fuori la metà della nazione? Evidentemente questa presunta “rivoluzione” è un gigante con i piedi di argilla.

Quarta considerazione. Entriamo nella casa di quello che fu il centro-destra. Da più parti si traggono auspici positivi da questa tornata elettorale, conclusione non del tutto infondata. Ma ci sembra responsabile radiografare senza sconti questo risultato onde non ingenerare una pericolosa illusione ottica. Al riguardo non possiamo non partire dal dato precedentemente sottolineato: lo stato confusionale del PD e del governo Renzi. Il centro-destra laddove ha usato buon senso ed intelligenza (leggi scelta di candidati all'altezza e programmi nitidi) ha beneficiato di questo voto, sicuramente su basi locali, ma, diciamolo francamente, soprattutto su premesse nazionali. Ed a proposito di riferimenti nazionali, la lezione da trarre da questo appuntamento è molto semplice: non si è competitivi tirando per la giacca o la gonna i candidati scelti, facendone un vessillo della destra o del centro (peggio ancora delle singole correnti interne ai partiti); si è competitivi e, a volte, vincenti se si costruisce una vera alleanza, equilibrata,coesa, organica, programmatica. Un tempo si sarebbe chiamata un'alleanza di SINTESI. E questo ci permette di esprimere il punto cruciale del nostro ragionamento: il centro-destra, che al momento non c'è, si rifonda (più che ricostruisce) non sulla base di una mera alleanza elettorale, semplice e disomogeneo fronte comune, ma di un progetto condiviso, culturale ed etico prima che politico. Non sono più sufficienti i caminetti o tavoli tra i big, è necessario un totale coinvolgimento dei territori. E' solo dalla base che può rinascere il centro-destra, attraverso il confronto, la legittima competizione, la determinazione di fini politici condivisi. Ed a monte la selezione democratica della classe dirigente e di “tutti” i candidati. Per quanto ci riguarda, nessuno è più disposto a tornare a muoversi su input eterodiretti, parole d'ordine centralistiche, baratti di poltrone. E' per questo che continueremo a muoverci, proprio a partire dalla Toscana, in nome di questi ideali e pratiche democratiche, senza

Se, invece, il centro-destra proseguirà la strada dell'inerzia, la logiche delle piccole botteghe contrapposte e del leaderismo urlato, mancherà all'Italia non solo una possibile alternativa, ma l'alternativa più naturale e fisiologica all'egemonia della sinistra. Dobbiamo infatti stare molto attenti alla sindrome da nido del cuculo, quella che porta ad utilizzare e sfruttare la casa costruita da altri. Certo, si può gioire della sconfitta del PD, anche grazie al momentaneo strumento elettorale del M5S. Attenzione, però, a non confondere la tattica con la strategia. E la strategia di una grande forza politica alternativa, come in tutta Europa, alla sinistra non può esaurirsi con un voto utile al Movimento Cinque Stelle.

FRANCO BANCHI - Presidente Movimento Popolati Toscani Europei (PTE)

Rignano,21 GIUGNO 2016