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LETTERA APERTA ALLA VIGLILIA DEL III CONGRESSO NAZIONALE

SUL FUTURO DEI POPOLARI LIBERALI E DEL PDL

Caro Carlo,amiche ed amici tutti dei Popolari Liberali,

eccoci di nuovo a Verona, appuntamento che ha segnato profondamente la storia del nostro movimento e, spesso, anticipato le scelte grandi e felici del centro – destra italiano, facendolo approdare , e non per inerzia, al PPE.

Oggi il PDL è sicuramente un “partito grande “ ovvero numericamente ampio, gode di un consenso diffuso, ben distribuito, al momento sembra non avere alternative plausibili. Eppure, duole dirlo, non è “un grande partito” ovvero partecipato a tutti i livelli, pienamente democratico, chiaro e netto nell’elaborazione di contenuti politico – culturali all’altezza del ruolo che gli compete.

L’antica consuetudine con la scuola democristiana rafforza e non indebolisce la mia posizione che, senza avvertire contraddizioni di sorta, mi porta a giudicare come complessivamente positivo il lavoro del Governo e valutare con preoccupate riserve l’operato del partito. Ma sappiamo bene che un Governo non può vivere all’infinito se non è capace di attivare più che consentire soltanto il circuito virtuoso tra esecutivo, gruppi parlamentari e partito: Proprio come al tempo della migliore DC .

La metodologia, lo stile, l’approccio ai problemi e, soprattutto, il percorso che porta ( o dovrebbe portare ) ad una sintesi che diviene progetto stenta a prendere quota. L’impressione è quella di una nave, potenzialmente solida e veloce, che ,anziché puntare decisa al porto prefissato, naviga a vista, indecisa ed appesantita.

Noi non siamo in politica per navigare a vista. Se siamo ancora in politica, indegnamente forti grazie ad una bussola che non tradisce mai, è per coltivare un disegno che ambisce a percorrere la via maestra, cioè quella diritta,dove i sì sono sì ed i no rimangono tali.

Se siamo ancora in politica, duramente vaccinati dalla militanza nel nostro ex –partito, l’UDC, in cui sotto il vestito si celava il cinismo del nulla, non è per sopravvivere a noi stessi e concimare la nostra piccola o grande dose di vanità, ma per testimoniare una dignitosa vocazione da laici cristiani per il bene comune.

Il primo bilancio della vita nel PDL ( qualcuno, non a torto, parla più volentieri di convivenza forzata ) non è sicuramente positivo. Anzi, non è difficile prevedere che molti di noi, perdurando questo stato di cose, opereranno scelte dolorose. Dove il dolore non risiede nell’abbandonare un partito che non “vuole” funzionare, ma nel lasciare in mani forestiere un progetto politico di portata europea che spetta di diritto ai democratici – cristiani, tra i pochi, forse gli unici, che la storia recente ha promosso.

E mani forestiere, dispiace dirlo, sono quelle che nel PDL preferiscono avere a che fare con una cultura d’ispirazione cristiana presente fuori dal perimetro del partito. Quasi a teorizzare la marginalità di quella cultura democratico – cristiana interna al partito, che, probabilmente, si vuole devitalizzata, dispersa , quasi messa in riserva, in nome di un grande contenitore pragmatico, moderno, ecumenico, post – ideologico, tecnocratico, più aperto al tempio della dea ragione che al popolarismo dei campanili

E mani forestiere sono quelle che, in alcune regioni, in vista delle prossime elezioni, hanno teorizzato alleanze elettorali con il Partito Radicale, a dimostrazione che il PDL ha bisogno non solo di ridefinizioni regolamentari e colpi d’ala sul versante organizzativo, ma di Stati Generali che ne orientino una volta per tutte la cultura di fondo.

Vale dunque la pena mollare proprio ora? Come reagire, a testa alta e non supinamente, alla logica che un mezzo inadeguato, ovvero un partito rimasto per ora a mezz’aria, possa impedirci di fatto di concorrere alla realizzazione del nostro fine?

Questa è la domanda, aspra e scomoda, che, a mio parere, deve interrogarci in modo serrato proprio ora e proprio a Verona . La politica è fatta di luoghi e di tempi che hanno una loro sincronia. Difficilmente ci è consentito scindere ciò che , nelle cose, procede congiunto.

Verona che, all’inizio di questo nostro percorso, ci ha aperto uno scenario esaltante, facendo ritrovare ai democratici – cristiani orgoglio, identità e chiarezza strategica, è chiamata a darci non una semplice risposta alla complessità del momento, ma la risposta. L’unica che può motivare ancora la nostra compagnìa politica, fatta non solo di un cammino comune, ma costruita su un medesimo e profondo sentire.

FRANCO BANCHI Firenze, 9 Novembre 2009