logo
logo PTE

Num. 51 del 18 settembre 2009

L’INTERVISTA

Nel bel mezzo di una fase cruciale per il PDL e la stessa politica regionale e nazionale

FRANCO BANCHI : “CREDO NEL PDL, MA SE PERDE LA BUSSOLA PPE NAUFRAGA”

Alla ripresa della stagione politica, in una fase delicata e cruciale per la politica toscana e nazionale, pubblichiamo un’intervista a Franco Banchi, membro del Consiglio regionale PDL e coordinatore del movimento dei Popolari Liberali, guidato a livello nazionale dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Sen. Carlo Giovanardi.

D. Solo pochi giorno or sono si è insediato il Consiglio regionale del PDL toscano. Che impressione ha avuto da questo primo approccio?

R. La prima impressione è stata nel complesso positiva. Per la prima volta dalla costituzione nazionale del partito, i membri del governo, i parlamentari ed i massimi dirigenti toscani del partito hanno dibattuto tutti insieme intorno ai ‘nodi’ aperti di tipo politico ed organizzativo. Per la verità ho notato un po’ di ruggine iniziale. Probabilmente alcuni esponenti del PDL toscano erano troppo abituati ad interloquire sui giornali tanto da perdere dimestichezza nei dibattiti faccia a faccia.

Ci sono poi dei risvolti più opachi della riunione. Ad esempio c’è stato molto tatticismo, tanto che alcuni esponenti di spicco dell’ex-Forza Italia hanno, come suol dirsi, ‘parlato a nuora perché suocera intenda’. Si sa le elezioni regionali incombono e gli appetiti aumentano

D. Quindi, a mente fredda, non sono tutte rose e fiori…

R. No, assolutamente. E come potrebbe essere diversamente. Solo uno sprovveduto o incorreggibile ipocrita poteva pensare che le personalizzazioni e correntizzazioni di partenza si sarebbero liquefatte. Quello che un po’ sorprende sono, paradossalmente, le prove di scomposizione delle correnti di partenza. Ovviamente le fibrillazioni, al momento rientrate, sulla linea del Coordinatore regionale Massimo Parisi riguardano una partita che mira in alto. Come dicevano i latini: ubi maior…

D. Ed i Popolari Liberali non rischiano di essere un vaso di coccio tra i due vasi di ferro?

R. Il rischio c’è, ma è puramente ipotetico e spiegherò perché. Innanzitutto, come rappresentante di una delle componente co – fondatrici del PDL, i Popolari Liberali, ho preferito badare all’essenza della politica e non dare sponda alle tante sirene che rischiano di portarci nelle secche dei personalismi o sugli scogli delle polemiche fine a se stesse.E’ per questo che ho dato la mia adesione alla relazione di Parisi, dicendo però apertamente che avrei richiesto alcuni ‘innesti’.

Nei prossimi appuntamenti misureremo il grado politico di adesione del Coordinatore alle nostre proposte. Non ci sarà una scelta di campo per partito preso.

Io sono convinto che i ‘gradi’ vanno sempre guadagnati sul campo; così le maggioranze e le minoranze è giusto che si creino non sulla persona, ma sulle idee di cui è portatrice.

D. Sbaglio o, come recita la ‘vulgata’ interna al PDL, voi Popolari Liberali eravate in quota a Forza Italia? Dunque non dovreste essere equidistanti tra l’anima dell’ex-Forza Italia e quella degli ex –AN …

R. Ripeto ancora una volta che noi non siamo negli organismi per gentile concessione del Principe di turno. Ci siamo guadagnati l’investitura partecipando come costruttori, fin dall’inizio del processo, del nascente PDL. E’ anche e soprattutto grazie ai voti centristi di confine, tolti in larga parte all’ambigua posizione dell’UDC, che nell’Aprile 2008 il PDL ha vinto in modo così largo.

Non rinunceremo mai alla nostra autonomia, alle nostre idee, al nostro stile di fare politica e di concepire la vita dentro e fuori il partito. E’ per questo che, nelle prossime settimane, daremo vita ad un ampio giro di incontri con tutti i protagonisti (singoli, movimenti e componenti ) del PDL toscano. Non abbiamo una visuale limitata, confinabile su binari pre.-determinati. Siamo orgogliosi di pensare ed agire a 360°.

D. Dalla periferia arrivano segnali non proprio incoraggianti dei vostri rapporti con le altre componenti del PDL. I giornali hanno riportato notizie di polemiche molto forti

R. Ho l’impressione che si voglia far passare l’ eccezione come regola. Infatti sono molti di più i casi in cui i nostri dirigenti ed eletti collaborano proficuamente con gli altri rispetto alle distonie.

Non nego però incomprensioni, anche gravi. Io stesso, insieme ai consiglieri comunali locali, non ho avuto remore nell’uscire sulla stampa per stigmatizzare l’accaduto.

Amareggia soprattutto quanto successo a Campi Bisenzio e, soprattutto, ad Empoli, dove i nostri consiglieri avevano presentato Ordini del Giorno a tutela ( anche economica ) di quelle madri che, rinunciando all’aborto, vollessero tener il figlio. E ‘ inaccettabile, anche se tale tema esula dal programma comunale, che il gruppo del PDL ( aderente ai principi del PPE) non solo non sostenga l’iniziativa, ma, addirittura, abbandoni l’aula.

Ci è piaciuto poco anche l’atteggiamento del gruppo PDL di Pontassieve, che, dinanzi all’Odg a tutela delle preferenze ( posizione legittima fino a quando un pronunciamento democratico del partito ad hoc non dirime la questione una volta per tutte ) si è spaccato come una mela, con diverse e spiacevoli code polemiche.

Al riguardo, ho già scritto e lo ripeto senza paura: se specialmente su temi come la difesa della vita si dovessero riproporre situazioni come quella di Empoli non esiteremmo a prendere decisioni anche clamorose.

D. Da quanto afferma, vi ponete quasi come difensori dell’ortodossia cattolica entro il PDL…

R. Mi sembra un’affermazione esagerata che non condivido. Il nostro ruolo nel PDL è qualcosa di diverso, forse per questo ancora più importante. In politica vogliamo salvaguardare allo stesso tempo laicità e forza dell’ispirazione cristiana. Nel PDL non ci sentiamo i custodi della cattolicità. Per noi è il Magistero che porta avanti tale compito. Ci sentiamo convintamente invece gli eredi, i custodi ed i moltiplicatori dell’eredità e della prospettiva del PPE in Italia. Il PDL non è a Strasburgo nel gruppo misto; Ha scelto nettamente da che parte stare.

Quando vedo negli organi amici che dichiaratamente si rifanno a culture non proprio contigue a quella popolare europea o, meglio ancora, democratico – cristiana, sono molto felice. Mi va benissimo che negli organi regionali ci siano almeno due esponente della cultura radicale, che è molto lontana dalla mia. Ma deve essere chiaro, per non ingenerare equivoci, che il solco entro cui germogliano i frutti del PDL è quello del PPE. Dinanzi ad un agnosticismo di fatto degli organi regionali PDL su temi eticamente sensibili non esiterei un attimo a manifestare prima il dissenso, poi la netta opposizione.

D. Parla in astratto o ha già testato questo campo minato ?

R. Ho fatto qualcosa di diverso, ma credo ugualmente inequivocabile. Nel mio primo intervento al Consiglio regionale PDL ho chiesto con chiarezza che, da subito, il PDL toscano si attivi per elaborare una ‘carta dei valori e degli impegni etici ’, che , a nostro avviso, dovrà essere il distintivo precipuo alle prossime regionali per conquistare sul campo, con le gambe di persone in carne ed ossa, l a non facile adesione dei cattolici. Questo passaggio sarà per noi una delle discriminanti principali per la composizione delle liste, che dovranno e non solo potranno rappresentare in qualità e quantità tale istanza.

Entro metà Ottobre organizzeremo un Convegno ad hoc in cui ufficializzeremo i contenuti della ‘carta dei valori ’ medesima.

FOCUS

Nell’anno che ricorda i 130 anni dalla nascita di Ardengo Soffici e 100 anni dalla nascita del Futurismo, un’avanguardia del tutto Italiana, mi sembrava interessante riportare l’attenzione su di una notizia, passata forse inosservata a molti, ma di particolare curiosità. Infatti, Il 21 novembre prossimo Papa Benedetto XVI incontrerà  gli artisti: uomini e donne di culture e di lingue diverse, pittori, scultori, architetti; ma anche scrittori, musicisti, maestri del teatro e del cinema. Con questo si sottolinea una particolare attenzione della chiesa al mondo della cultura, non solo antica, ma contemporanea, viva e presente. Era già accaduto il 7 maggio del 1964, data memorabile nella storia dei rapporti fra la Chiesa e le arti nei tempi moderni. Quel giorno Giovanni Battista Montini, che appena l'anno prima era stato eletto Papa col nome di Paolo vi, volle incontrare, in cappella Sistina, gli artisti. Il discorso pronunciato dal Pontefice in quella occasione elaborava e proponeva una dottrina estetica destinata a rimanere una delle pagine in assoluto più alte nella storia intellettuale del cattolicesimo novecentesco. Partendo dalla consapevolezza della apparentemente incolmabile frattura fra la Chiesa e il mondo delle arti e offrendo le condizioni per un nuovo statuto di amicizia, il Papa affermava la libertà dell'artista, il rispetto per la forza innovativa dei linguaggi espressivi e lo faceva con parole di dura radicale critica nei confronti della istituzione da lui rappresentata: «Vi abbiamo imposto come canone primo la imitazione, a voi che siete creatori (...) vi abbiamo peggio trattati, siamo ricorsi ai surrogati, alla oleografia, all'opera d'arte di pochi pregi e di poca spesa (...) e siamo andati anche noi per vicoli traversi, dove l'arte e la bellezza e - ciò che è peggio per noi - il culto di Dio sono stati mal serviti». E ancora ritornava Papa Paolo vi, in quel documento memorabile, sulla «missione» dell'artista chiamato a rendere visibile, nella pienezza della sua libertà espressiva e quindi nell'esercizio della sua responsabilità di creatore, ciò che è trascendente, inesprimibile, «ineffabile». Più tardi, nel 1973, nel discorso di inaugurazione del Museo di Arte Religiosa Moderna, Paolo VI ulteriormente affermando i principi fondamentali, affina la sua teoria estetica, distinguendo fra arte sacra e arte religiosa. “Se la prima ha una precisa connotazione di ruolo e di funzione perché è destinata a qualificare il culto divino, la seconda offre all'artista uno spettro di possibilità creative virtualmente infinito.- spiegava Antonio Paolucci, Direttore dei Musei Vaticani- Tutto ciò  che esprime la umana spiritualità - stupore di fronte al miracolo della natura, culto degli affetti, ascolto e riflessione di fronte ai supremi interrogativi della vita, della morte, dell'assoluto e dell'altrove - tutto questo può essere argomento di «arte religiosa». Nasceva da queste riflessioni la Collezione che quel giorno di giugno del 1973  Paolo vi consegnava alla gestione dei Musei Vaticani, dopo averla personalmente e amorosamente costruita insieme al suo segretario monsignor Pasquale Macchi. Era, infatti, una collezione destinata a testimoniare la «religiosità» presente nell'arte moderna e contemporanea, ora affidata a iconografie tradizionali (Crocifissioni, Natività e così via ) ora sottesa a soggetti «secolari» quali paesaggi, nature morte, ritratti, composizioni informali, proposte sperimentali. Partendo dal riconoscimento e dalla accettazione della «religiosità» immanente alle forme figurative della modernità sarebbe stato possibile - era questo il pensiero ultimo di Paolo vi - avviare la ricomposizione del divorzio tra Chiesa e artisti e preparare la strada all'«arte sacra del futuro» prefigurata da Giovanni Battista Montini già negli anni Trenta, nelle riflessioni e negli articoli della giovinezza”. Un grande Papa intellettuale del rango di Benedetto XVI, un filosofo e un teologo del suo livello, non poteva non essere sensibile agli argomenti affrontati con straordinario profetico coraggio da Paolo VI. Ed ecco l'incontro con gli artisti organizzato per il 21 novembre prossimo. Agli esordi del secolo e del millennio la questione del rapporto fra la Chiesa e le arti  - quelle figurative  ma  non  solo -  non ha perso di significato né di attualità. Semmai, dopo il dibattito avviato da Paolo VI, se ne avverte sempre di più la drammatica urgenza e sempre di più ci si interroga sulle ragioni del divorzio.

Antonio Degl’Innocenti