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Num. 24 del 5 settembre 2008

Il punto: Via libera ad un metodo condiviso che porterà alla 1^ Conferenza Programmatica

PDL DELLA PROVINCIA DI FIRENZE :OK, FINALMENTE IL PERCORSO E’ GIUSTO!

Finalmente la prima grande azione corale del PDL a Firenze dopo le elezioni politiche!

Concordata con le segreterie provinciali, quindi, per quanto ci riguarda, con la coordinatrice dei POPOLARI LIBERALI, Manola Aiazzi, VENERDI’ 5 SETTEMBRE, presso la sede regionale di Forza Italia, si è tenuta la conferenza stampa di presentazione della CONFERENZA PROGRAMMATICA PROVINCIALE che si terrà a Firenze presumibilmente nei giorni 24 e 25 Ottobre. Erano presenti tutti i partiti e movimenti costituenti il PDL.

Dato l’importante impegno che attendeva Manola nel suo Comune di Sesto, è stato Franco Banchi a rappresentare i POPOLARI LIBERALI della Provincia di Firenze.

“Apprezziamo questa significativa azione collegiale del PDL nel territorio fiorentino – ha detto Banchi - anche se notiamo che è la prima dopo la campagna elettorale dello scorso Aprile. Quindi non c’è tempo da perdere”.

“Il metodo condiviso è corretto – ha proseguito il Coordinatore Regionale dei Popolari Liberali.

Infatti il nostro problema al momento non è chi scegliere ma PER CHE COSA E PER QUALE PROGETTO FARE POLITICA a Firenze e nella sua Provincia.

Noi quindi – ha proseguito l’esponente del movimento di Carlo Giovanardi – siamo convinti assertori di un metodo che, attraverso il crogiolo del confronto programmatico, permette ai candidati Sindaci dei 33 Comuni della Provincia in corsa di essere scelti sulle cose e non per le casacche. Non è il momento di vestiti costruiti su misura per candidati scelti ‘a freddo ’. Spetterà ai candidati più competitivi indossare il vestito migliore per le comunità che rappresenteranno”.

“Il percorso che oggi ha inizio, e che andrà preparato anche con ‘tavoli territoriali di zona ’- ha concluso Banchi – non deve essere chiuso agli addetti ai lavori, ma aperto, direi spalancato a tutti quei mondi vitali che gravitano intorno alla politica e che da essa si attendono non risposte clientelari, ma autentiche e partecipate. La nostra non sarà una Conferenza Programmatica in cui agitare bandierine ed abbaiare alla luna, ma sarà la prima azione di governo che ci farà essere convincenti e vincenti”.

Dalla prossima settimana prenderà il via una ‘cabina di regia ’ provinciale alla presenza dei coordinatori, che individuerà sia le sezioni tematiche che la concreta metodologia operativa.


Focus: AI CATTOLICI NON SERVE ‘GLAMOUR’ MA LA CULTURA ESSENZIALE DELLE ‘FONTI’. L’ESEMPIO DELLA VITA.

Da poco tempo, la Suprema Corte di Giustizia del Messico (SCJN) ha definito la costituzionalità della legge che depenalizza l'aborto nel Distretto Federale fino alla 12ª settimana di gestazione. In breve, ci sarà una tesi giurisprudenziale che permetterà che in altri luoghi della Repubblica Messicana si possano implementare leggi simili. Problema sicuramente culturale al quale zenit (noto sito di informazioni dal vaticano) ha dedicato un’ampia pagina. Un problema di cultura in un paese che non riconosce la difesa della vita dal concepimento alla morte naturale. Chiaramente questo è evidenziato nel mondo politico dalla mancanza di una legge costituzionale che ponga dei fermi sul tema in questione. Un’analisi attenta di questa tematica, ed al caso in particolare, è stata operata dal noto sito Zenit atraverso un’intervista a Rodrigo Guerra, della Pontificia Accademia per la Vita. L'esperto ha spiegato che la “deplorevole decisione della Suprema Corte” ha “un evidente significato giuridico: per i Ministri, la vita umana non è protetta costituzionalmente fin dalla fecondazione attraverso le garanzie che presenta la Carta nella sua parte cosiddetta 'dogmatica'”. “Ciò – osserva – rende l'embrione umano estremamente indifeso durante le prime fasi del suo sviluppo”.

Secondo Guerra, tuttavia, il principale significato della decisione “è di ordine culturale”: “la comprensione dell'universalità dei diritti umani è stata sfigurata visto che la vigenza del diritto alla vita viene circoscritta ad alcuni esseri umani, quelli che possiedono certe caratteristiche funzionali,e non riconosciuta a tutti senza eccezione”.“Uno Stato che opera in base a questa premessa mina le sue basi teoriche e pragmatiche”, denuncia.Lo Stato di diritto, osserva, “non è uno 'Stato di leggi, ma una comunità basata sulla giustizia che anima le leggi”. Di conseguenza, “non si legittima se non a partire dalle sue basi pre-politiche, vale a dire da quell'insieme di evidenze antropologiche che permettono di comprendere i diritti e i doveri che noi umani possediamo per il semplice fatto di essere persone”.

Quando il diritto alla vita viene ristretto a un certo tipo di esseri umani, “il potere diventa autoreferenziale”, cioè “misura di se stesso, aprendosi così la possibilità che tutti possiamo essere prescindibili”.

Uno Stato che non difende il diritto alla vita dalla fecondazione fino alla morte naturale incorre in gravi contraddizioni teoriche e sfocia gradualmente in assurdi pratici, come dimostra la storia”.

Per correggere questa situazione, Guerra auspica una ricostruzione della parte dogmatica della Costituzione messicana, ma ribadisce che “la battaglia principale è di ordine non politico, ma culturale”.

Perché gli eventuali trionfi politici a favore della vita non siano deboli o effimeri, si richiede un lavoro nel settore dell'istruzione, della coscienza, degli atteggiamenti”, ha constatato.

In questa situazione, i cattolici devono riscoprire “l'importanza di lavorare in comunione in modo stabile”, perché “se c'è qualcosa che indebolisce la presenza dei cattolici nella vita pubblica è la divisione, è il protagonismo fatuo, è l'atteggiamento settario”.

Perché possano aver voce anche in politica e portare avanti la loro battaglia a favore della vita, è necessario che la loro coscienza “non sia sedotta dalle promesse e dal glamour del potere politico”.

Noi cristiani siamo forti quando recuperiamo ciò che essenziale: il fatto che Gesù Cristo è una Persona viva che ci viene incontro rispondendo e superando le aspettative del nostro cuore”.

Per realizzare questo, bisogna essere consapevoli del fatto che “il cristianesimo è un metodo”: “Dio ha scelto una condizione umana per fare irruzione nella storia. Per questo, l'Incarnazione ci mostra il cammino per coinvolgerci in tutto ciò che è umano, anche in quello che è più particolare e concreto”.

Accanto a ciò, bisogna sempre ricordare che “questo coinvolgimento possiede una dimensione comunitaria essenziale”, perché “il cristianesimo, riscoprendosi come esperienza di comunione, permette che sorga un soggetto sociale nuovo, caratterizzato dalla responsabilità di tutti nei confronti del loro destino”.

E' in questo che consiste “l'apporto dei cristiani per la costruzione di una 'nuova cittadinanza”, in cui “essere cittadino non significa principalmente raggiungere una certa 'maggiore età', ma acquisire una coscienza circa la responsabilità che possediamo di fronte alla realtà”.

Nella misura in cui la Chiesa come 'communio' assume il metodo menzionato, la società si arricchisce con l'apporto specifico che solo il cristianesimo può dare”.

Per raggiungere questo obiettivo, la via proposta da Guerra è seguire la Dottrina Sociale della Chiesa, in cui “i credenti e tutti gli uomini di buona volontà possono trovare le ragioni per costruire una società in cui esista come opzione decisiva l'affermazione della vita e della dignità di tutti allo stesso modo”.

Antonio Degl’Innocenti