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IL GIGLIO BIANCO

Giornale Settimanale del PTE

Anno I, n.1 – IV Settimana di Agosto 2012

E' IL TEMPO DEL “GIGLIO BIANCO”

Prima riflessione sulla frontiera della politica italiana

Così inizia una nuova avventura (anzi prosegue come una vera e propria “staffetta”)!

Con il n.71 si esauriscono le uscite de IL GIORNALE SETTIMANALE, che ha seguito le perigliose ed intriganti strade della politica italiana dal 2006. In realtà solo sei anni, ma, visti i tempi che corrono, quasi un'era geologica. Siamo affezzionati a queste 71 note, che,rilette una per una, hanno ovviamente tanti difetti e forse un pregio: ricostruiscono con continuità e, speriamo, con coerenza, la nostra idea della politica e la sua conseguente traduzione progettuale nella città degli uomini.

La testata avrà un nome nuovo: IL GIGLIO BIANCO. Non è l'ennesima sindrome floreale della politica nostrana; neppure ruffianeria localistica e nemmeno, in ultimo, stravaganza poetica un po' datata.

IL GIGLIO BIANCO è il logo del Movimento che abbiamo costituito il 7 Settembre 2011, con tutti i crismi della legalità, denominato PTE (Popolari Toscani Europei). Chi volesse approfondirne la genesi, i contenuti, gli scopi, le modalità di iscrizione può aprire il link presente in questo sito.

Ma IL GIGLIO BIANCO è anche un simbolo da portare nel cuore e nella mente da chi, nonostante tutto e tutti, esige, soprattutto da se stesso, una politica cristallina, purificata, che, pur partendo da una terra aspra e dura, guardi al cielo. Inoltre IL GIGLIO BIANCO ha anche una fortissima portata storica, strettamente legata alla nostra regione, ed evoca bellissime pagine di forte ispirazione religiosa e civica.

Dopo questo ampio e doveroso preambolo, ci preme trasmettere ai lettori una primissima riflessione riguardante la legge elettorale per le politiche. Non vogliamo entrare nella sarabanda delle posizioni dei singoli partiti e, addirittura, delle varie correnti interne.Cerchiamo di essere chiari, quasi taglienti. L'attuale legge deve essere modificata perchè è immorale che, nel nostro Paese, siano gli eletti a scegliersi gli elettori, grazie a segreterie di partito che blindano poltrone, seggiole e strapuntini. Siamo fisiologicamente per l'espressione del voto di preferenza, cioè per la possibilità di scegliere UNA PERSONA IN CARNE ED OSSA ENTRO UNA LISTA SPECIFICA. SIAMO PER LA POLITICA DEI NOMI E COGNOMI, NON L'ALTRA ANONIMA DEI POTENTATI, DELLE LOBBIES, DELLE CAMARILLE.

Chi scrive, in tutte le sedi, ha fatto della difesa del voto di preferenza una questione di principio, portata fino alle estreme conseguenze politiche.

Se si arrivasse alla scelta dei COLLEGI ELETTORALI, si creerebbe comunque un più stretto e responsabilizzante rapporto elettore-eletto, ma rimarrebbe il vulnus di fondo: sarebbero sempre i vertici ultra-apicali dei partiti a scegliere per i loro uomini e donne i collegi di serie A, B, C, fino a quelli infernali per i più scomodi ed antipatici.

Seconda considerazione: se si metterà mano alla riforma del “porcellum”, guai a sabotare uno dei punti di non ritorno: VINCOLARE LA SCELTA DEL PARTITO AD UNA PRECISA COALIZIONE. Ogni elettore ha il diritto di sapere da quale parte si colloca,IN MODO IRREVERSIBILE, il partito che ha scelto. Tornare alla teorizzazione dei “due forni” o, peggio, delle mani libere, riporterebbe la politica a vetusti bizantinismi ed allontanerebbe ancor di più i cittadini dai traballanti partiti.

Terza considerazione: il PREMIO DI MAGGIORANZA deve permettere subito la governabilità, senza però uccidere la legittima e plurale articolazione dei partiti alleati interni alla coalizione. Se è giusto chiedere fedeltà ad un programma condiviso, compreso modi e tempi di attuazione, è altrettanto legittimo garantire la tutela di specificità ed identità di quei singoli partiti, magari più piccoli, che possono risultare decisivi non solo per la vittoria, ma anche per il funzionamento del governo.

Quarta ed ultima considerazione: la riforma elettorale sarebbe comunque vana se i partiti non cogliessero l'ultimo treno in partenza per riformare se stessi. In questi giorni assistiamo ad alchimie disdicevoli, a volte penose. Su tutte spicca, come emblema dell'attuale stato confusionale dei partiti a vocazione bipolare, il “MI TENGO VENDOLA” di Bersani. Domanda: il modello della parte sinistra dello schieramento politico italiano che si candida a vincere è il Partito Socialista Europeo o quella della “sinistra unita”? La politica economica scelta per governare l'Italia sarà quella del “montismo” o l'altra filo-sudamericana alla Chavez, che sembra andar meglio all'attuale Presidente della Regione Puglia? Il riferimento culturale dei potenziali candidati alle primarie della coalizione di centro-sinistra (cattolicissimo Renzi compreso) è la dottrina sociale della Chiesa oppure la vasta letteratura sui matrimoni gay?

Ma ci sentiamo di fare domande cruciali e senza sconti anche al PDL. Cosa aspetta ad identificare nel nome e nei fatti il più grande partito del centro-destra italiano con il PARTITO POPOLARE EUROPEO?

E' proprio la tragi-comica incertezza vissuta a sinistra, fatta di baruffe ed offese a suon di parole come pietre (fascista, pidduista...) che dovrebbe consigliare al PDL quella mossa di altro profilo indicata sopra. Ciò metterebbe con le spalle al muro anche la finta effervescenza di Casini, che, più passa il tempo, più rischia di vendere agli elettori italiani un partito evaporato. Come farebbe il leader UDC, in forte sofferenza dopo il mancato decollo del “terzo polo”, a “ballare da solo” al centro per un tempo infinito avendo sul collo il fiato della sezione italiana del PPE?

Ed ancora: sia che passi la novità elettorale del ritorno alla preferenza che quella dei collegi, quali saranno i criteri che il PDL fisserà per le candidature? Passerà l'idea da esercito accerchiato del tutti a difesa del capo di corpo d'armata, dei generali e dei colonnelli oppure, finalmente, per usare un'espressione vicina a quella evangelica, si comincerà a mettere negli otri un po' di vino nuovo e spumeggiante?

Il PDL sappia che il “perinde ac cadaver”, tipico dei gesuiti, è tramontato per sempre. Un'obbedienza fino alla morte non è più nell'ordine delle cose. L'ora che si avvicina richiede intelligenza, cuore, discernimento, scelte motivate e, soprattutto, il rifiuto preventivo di ogni gioco di prestigio sulla pelle di dirigenti,militanti ed elettori.

Se il PDL si addormenterà con il pallone della politica italiana tra i piedi, non ci saranno più scuse per gente come noi a concorrere alla sinfonia del centro-destra suonando un altro spartito.

FRANCO BANCHI